Sistema acque: come si alimentano i laghi?


La passeggiata del 21 giugno illustrerà la questione della salvaguardia delle acque che alimentano il Lago Piccolo e il Lago Grande di Avigliana. Si rifletterà sul ruolo ecologico svolto dai corsi d'acqua minori e sulle minacce rappresentate dalle attività antropiche
Appuntamento alle 10.30 di fronte il municipio di Trana.

PERCORSO: Lago Piccolo - Pera Forcè - Laiun - Borgata Cordero - Borgata San Bartolomeo - Lago Piccolo
TEMPI: 10.00 Ritrovo parcheggio Lago Piccolo, Avigliana -16.00 Rientro
I tempi sono indicativi perché l’andatura sarà adattata alle esigenze del gruppo
DIFFICOLTA’ MODERATA: alcune salite e percorso su sentiero - 4 ore di cammino
ATTREZZATURA: pranzo al sacco, scarpe da trekking
COSTO: 3 euro. La passeggiata è gratuita per i residenti nei Comuni di Avigliana, Buttigliera Alta, Rivalta di Torino, Rivoli, Trana e Villarbasse
INFO: Scuola per Via - Cell. 331/7088697 e-mail: scuolapervia@libero.it

La passeggiata è una proposta di sensibilizzazione rivolta agli adulti realizzata nell’ambito del progetto “una rete per l’educazione ambientale fra i laghi e le colline” finanziato dalla Regione Piemonte e dalla Provincia di Torino, al quale hanno aderito i Comuni di Avigliana, Buttigliera Alta, Rivalta di Torino, Rivoli, Trana, Villarbasse ed il Parco dei Laghi di Avigliana.
Scuola per Via propone meditazioni a passo d’uomo sulle connessioni ecologiche, il grado di sostenibilità delle pratiche antropiche e il posto dell’uomo nel mondo. La passeggiata a piedi imprime alle riflessioni il ritmo lento di un’abitudine antica quanto l’uomo, il cammino.

4 commenti:

Lorenzo Bedetti ha detto...

Amo immergermi in quei luoghi dove uomo e natura si sono incontrati a incrementare bellezza e diversità. Di quegli ecosistemi agro-silvo-pastorali, conservatisi grazie alla loro marginalità, esasperata talora fino all’abbandono, colgo vari aspetti come l’armonia degli elementi, la ricchezza biologica, ecc.
Fra le mie passioni, certamente lo sviluppo sostenibile e l’educazione. Incuriosito dall'approccio di "Scuola per Via", mi son lasciato guidare volentieri dall’umile ed empatica competenza di Ilaria, che ci ha immerso pian piano in quei luoghi, a percepirli come un’unità, un ecosistema antico ma ancora sorprendentemente vivo e funzionante, raro e prezioso, con le sue acque, suo sistema circolante, la sua morfologia che ci parla della sua storia ……….

Lorenzo Bedetti ha detto...

e ancora...

Le ragioni del cuore
Ma anche l’esperienza non nuova di una “presenza”, la Terra-Natura, solo ora percepita anche razionalmente. Quante volte mi sono accostato al suo “ventre” accogliente per ritrovare equilibrio, pace e conforto! Come l’interprete di Chef Seattle (www.disinformazione.it/letteraindiani), anch’io sento che non ce la farei senza la sua bellezza e profumi, senza le altre creature, in una “città dell’uomo bianco”. Come me forse anche i turisti domenicali che affollano le rive del lago piccolo, a cercare come possono, una boccata di vita e bellezza ……

Le ragioni della ragione
Dal Moncuni godo per la prima volta la visione dell’intero anfiteatro dell’alta Val Sangone.
Sotto di noi la campagna tra il lago piccolo e Trana che più tardi avremo percorso: un’incantevole ecosistema agro-silvo-pastorale, al limite dell’abbandono. Prati-pascoli che probabilmente alimentavano le mandrie scese dagli alpeggi dall’autunno all’estate, in rotazione con piccoli coltivi, a formare estese radure delimitate da boschi, alberate e strade campestri che collegano numerose borgate. Raro ecomuseo di un tempo in cui le attività umane si integravano sinergicamente con l’ambiente naturale con innumerevoli effetti positivi, ma spesso anche troppa fatica, isolamento e povertà. Ricordi d’infanzia …….
Più in lontananza, la piana di Giaveno sembra invece quasi completamente invasa da costruzioni che hanno semplificato quell’ecosistema “inertizzandone” ampie superfici. Non si può dire che il capoluogo valsangonese non sia una bella cittadina, ancora forte la solidarietà sociale. Certo che la visione complessiva stimola il confronto e alcune considerazioni.

Ripercorro la storia, simile per molti interland urbani, che ad ondate successive ricevono le attenzioni piuttosto rozze (speculative) di comuni, professionisti, impresari e proprietari: la lottizzazione dei terreni ex-agricoli. Mio padre ha fatto così, anche mosso da una velata minaccia di esproprio. Molti fra cui il nostro Presidente del Consiglio, anche “Cavaliere del Lavoro”, hanno alimentato il loro successo “bruciando” terreni ex-agricoli (www.wikipedia.it), cervelli di telespettatori, senza remore. Parallelamente procede l’industrializzazione delle attività agro-zootecniche (specializzazione degli ordinamenti, forti input energetici in forma di chimica e meccanizzazione, ecc.) che promette redditi maggiori e minor fatica. Ma sempre di semplificazione si tratta, e spesso a carico dei terreni migliori, non considerati per la loro storia geologica e culturale, funzioni fondamentali per la vita (es. produzione di O2 e stoccaggio di CO2, in-filtrazione dell’acqua e mitigazione climatica attraverso l’evapotraspirazione, ospitare-alimentare-riciclare una ricca biodiversità tra cui noi, ecc.) e interrelazioni, ma solo per le loro performance agronomiche o, peggio, per il loro indice di edificabilità (mercificazione di un bene primario di pubblico interesse).
Semplificati anche i rapporti tra centri urbani e mondo rurale che, come estranei, godono di fugaci amplessi ……. come sulle rive del lago piccolo. La loro crescente “distanza” porta con se nuovi problemi e costi fra cui la gestione dei rifiuti, la manutenzione del territorio, la dipendenza alimentare, ecc. Intorno agli “alveari”, alle villette “bon-bon” o alle infrastrutture, spesso l’abbandono. E per molti è quella semplificazione la bellezza, l’igiene, lo sviluppo. C’è un deficit di conoscenza delle esigenze della Vita biologica e psichica, ma anche di sentimento ed esperienza: benvenuta Scuola per Via! Ma in effetti “si sta meglio” di un tempo ….. almeno fino a ieri .

Oltre
E quel che ci troviamo a vivere è un tempo speci

Lorenzo Bedetti ha detto...

Oltre
Oltre
E quel che ci troviamo a vivere è un tempo speciale! Dalla storia, per esperienza diretta o indiretta (i racconti dei nonni, dei genitori) sappiamo “com’era” e siamo consapevoli della strada percorsa, nel bene e nel male. Figli della crescita, abbiamo infatti potuto studiare ben oltre i vent’anni, viaggiare, conoscere. Siamo in grado di modificare la rotta senza sputare nel piatto in cui continuiamo a mangiare. E siamo obbligati a farlo per via del raggiungimento di vari “breaking point” a livello planetario (cambiamenti climatici, flussi migratori, crisi economica, energetica, ambientale, ecc.; relativamente quest’ultima CFR: de Oliveira P., 2005. Millenium Ecosystem Assessment. Modus Vivendi, aprile 2005, 21-28).
Alla luce di queste consapevolezze mi chiedo come conservare quanto rimasto e cercare di recuperare il buono di quanto ci siamo lasciati alle spalle.

Gli imprenditori edili, i propietari fanno il loro gioco si sa, con tanta determinazione ma spesso con poca fantasia (alveari, bomboniere, precompressi industriali con o senza centri commerciali, ecc.). Noi, se amiamo la terra e conosciamo il suo vero valore, le persone e le loro esigenze profonde, dobbiamo fare il nostro e farlo meglio ma soprattutto farlo, giocare, dare un significato anche economico alle attività di protezione, che non siano un peso quanto piuttosto uno stimolo!
Un primo criterio potremmo dunque desumerlo dall’esperienza dei “presidi” Slow Food: “valorizzare per conservare” (che poi era il lavoro prezioso dei nostri montanari).
Ma cosa valorizzare?
Penso a un buon padre che, in vista della felicità dei suoi figli cercherebbe di svilupparne armoniosamente i talenti, nel rispetto delle loro esigenze fondamentali. Nel nostro caso degli ecosistemi seminaturali, è di primaria importanza che essi possano assolvere alle loro funzioni naturali. E spesso possono farlo anche meglio integrando queste ultime con le loro attitudini produttive, ricreative, educative, ecc.
Questo secondo criterio dell’integrazione fra le varie funzioni, della “multifunzionalità”, è uno dei cardini attorno a cui ruota la nuova politica di sviluppo rurale. Comincia a maturare la consapevolezza che le attività economiche basate su risorse naturali come la terra debbano basarsi su criteri diversi (dimensioni ridotte, varietà, multifunzionalità, ecc.) da quelli che guidano le attività industriali (grande dimensione, specializzazione, uniformità, ecc.) (Gios G., 2009. Editoriale. L’Informatore Agrario, supplemento al n. 27)

Lorenzo Bedetti ha detto...

Sicuramente gli amministratori pubblici hanno un ruolo determinante in questo gioco (ma anche l’impresa privata che acquisisce i tratti dell’impresa sociale il cui profitto è obiettivo in quanto permette di conseguire quelli sociali, es. Banca Popolare Etica).
Un criterio di base potrebbe essere: almeno non essere complici delle speculazioni sulla terra ed in particolare dei terreni migliori. Ma prima dovrebbero esserne almeno consapevoli e poi trovare altre fonti di finanziamento.
Quanto alla consapevolezza, penso al grosso movimento d’opinione attorno la privatizzazione dell’acqua in quanto bene pubblico fondamentale per la vita e mi chiedo: lo stesso non dovrebbe valere a maggior ragione per il suolo? E chi lo possiede non ha una grave responsabilità? E’ diritto godere del beneficio di proprietà ma è doveroso farlo nel rispetto delle funzioni pubbliche di quel bene (penso alle parole dell’interprete di Chief Seattle: “come si può comprare o vendere la terra?”).
Quanto alle fonti di finanziamento, penso ai fiumi di denaro che escono dai territori verso i signori dell’energia fossile che non ritornano niente per i danni causati; penso al fiume di denaro che va per la gestione dei rifiuti che potrebbero invece essere una risorsa per il settore energetico e agricolo; penso alle royalties sullo sfruttamento economico di beni di pubblico interesse come fonti rinnovabili, acqua, suolo, mentre constato l’abolizione dell’ici, odiosa come tutte le tasse, ma che almeno colpiva i consumi di suolo; penso ad altre tasse sui consumi eccessivi e dannosi per la collettività; penso ai cittadini che investono nelle pubbliche imprese, per valorizzare i propri risparmi e conservarne il controllo, coi proprietari che diventano i primi azionisti perché mettono il capitale terra o il tetto fotovoltaico).
Ma lo specifico degli amministratori, delegati al servizio pubblico, ad occuparsi del bene comune, dovrebbe essere di promuovere un corretto uso dei suoli, stabilendo dei vincoli di priorità. Come detto, essi dovrebbero innanzitutto poter espletare le loro funzioni naturali, di primario interesse pubblico Per quelli di interesse agricolo dev’essere poi salvaguardata la loro capacità produttiva come interesse pubblico, anche se magari non sfruttata, nel rispetto delle funzioni naturali prioritarie. Poi dovrebbe essere incentivato l’uso pubblico dei suoli rispetto a quello privato, garantendo ai proprietari un’equa compensazione dei mancati redditi da speculazione (penso a parchi urbani con servizi a pagamento come piscina; penso a boschi gestiti consortilmente, ecc.). Cercasi amministratori consapevoli e dotati di sentimenti e fantasia, laureati in Scienze della Vita (per accedere a un incarico pubblico ci vuole un concorso, per fare il politico nemmeno il curriculum vitae: le ultime elezioni al solito mi hanno riempito la buca delle lettere ma nessuna traccia di un opuscolo che presentasse tutti i candidati/liste con cv e programmi in vista di una scelta consapevole).

Coraggio “figli della luce”!

Lorenzo Bedetti